Ai Palestinesi di Gaza e Cisgiordania non è concesso l'utilizzo di PayPal, ma lo stesso servizio è offerto ai coloni israeliani che vivono a pochi metri di distanza, negli insediamenti dichiarati illegali dalla comunità internazionale.
È una discriminazione che limita le attività commerciali e lo sviluppo economico di un paese in cui il 38% della popolazione vive in povertà.
Da oltre un anno ActionAid lotta per porre fine a questa ingiustizia, ma finora le risposte dell'azienda sono state vaghe e insoddisfacenti.
Chiediamo insieme a PayPal di rendere disponibili i suoi servizi a tutti i Palestinesi, rispettando le linee guida internazionali.
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#EndDiscrimination #PayPal4Palestine
FORSE NON TUTTI SANNO CHE…
- PayPal ha il dovere di rispettare i diritti umani e, in linea con i principi guida sulle attività economiche e i diritti umani delle Nazioni Unite (UNGP), di impedire che le proprie attività abbiano ricadute negative anche indirette sui diritti delle persone. Per questo, dovrebbe porre fine a questa palese violazione del diritto internazionale che deriva dall'erogazione del proprio servizio a compagnie e soggetti individuali insediati illegalmente nei territori palestinesi.
- Nonostante l'occupazione, il tasso dei giovani laureati palestinesi (25%) è analogo a quello dell'Italia. Ogni anno, la Palestina produce 2.000 laureati in informatica; estendendo i propri servizi, PayPal può aiutarli a trovare lavoro e sviluppare le proprie start-up, contribuendo all'espansione dell'intero settore e mettendo fine al malcontento di politici, imprese e utenti della stessa PayPal sensibili a questa palese violazione di diritti.
- A gennaio 2017 ActionAid ha contattato Dan Schulman, CEO di PayPal, ma l'azienda non ha agito concretamente per risolvere la questione. ActionAid appoggia la mobilitazione internazionale #PayPal4Palestine, che finora ha ricevuto da PayPal solo risposte vaghe e insoddisfacenti.
*gli insediamenti violano la quarta Convenzione di Ginevra, che proibisce "agli Stati di spostare la propria popolazione in territori occupati in una guerra". L'illegalità di questa situazione è stata riconfermata nella Risoluzione 2334 del 23 Dicembre 2016 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.